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Nel caso di specie, la commissione finlandese per la protezione dei dati personali vietava, nel 2013, alla comunità dei testimoni di Geova di raccogliere o di trattare dati personali nell’ambito della loro attività di predicazione porta a porta senza rispettare i requisiti richiesti per tale attività dalla normativa nazionale. Tale decisione veniva annullata dal tribunale amministrativo di Helsinki, sentenza impugnata dal Garante per la protezione dei dati di fronte alla Corte amministrativa suprema. Nel rispondere alla questione pregiudiziale sollevata da quest’ultima, la Corte di Lussemburgo ha affermato che la direttiva 95/46/CE deve essere interpretata nel senso che la nozione di “archivio” include i dati raccolti nell’ambito di un’attività porta a porta qualora detti dati siano strutturati secondo criteri specifici che ne permettano la facile reperibilità, a prescindere dall’esistenza di schedari, elenchi o altri sistemi di ricerca. Inoltre, la Corte stabilisce che la suddetta direttiva deve essere interpretata nel senso che anche una comunità religiosa sia considerata responsabile del trattamento dei dati personali raccolti durante la richiamata attività di predicazione porta a porta.
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