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Il giudice di Lussemburgo afferma che le direttive 2011/95/UE e 2013/32/UE devono essere interpretate nel senso che non impediscono che le domande di protezione internazionale presentate separatamente da membri della medesima famiglia siano soggette a misure volte a gestire un’eventuale connessione, ma ciò non può significare una valutazione congiunta di dette richieste. Inoltre, le direttive ostano a che la decisione su una domanda sia sospesa fino alla chiusura del procedimento relativo all’altra domanda. La direttiva 2011/95 è da considerarsi compatibile con una normativa nazionale che, a seguito del riconoscimento della protezione internazionale ad un membro della famiglia, preveda l’estensione di detta protezione ad altri membri della medesima famiglia purché questi ultimi non rientrino in uno nei motivi di esclusione previsti dalla stessa direttiva. Inoltre, il giudice investito dal ricorso contro un provvedimento di diniego di riconoscimento della protezione internazionale, dovrà valutare tutti i motivi di riconoscimento o gli elementi di fatto, anche se, pur facendo riferimento a fatti anteriori alla presentazione della domanda, sono dedotti per la prima nel procedimento di ricorso. Tale obbligo dell’autorità giudiziaria nazionale non sussiste qualora il giudice ritenga che dette motivazioni o elementi sono stati presentati in una fase tardiva o non sono sufficientemente concreti o rilevanti o, ancora, non appaiono significativamente distinti dalle motivazioni già considerate dalle autorità che hanno adottato la decisione di diniego.
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