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Il diritto alla libertà religiosa dei ricorrenti, un pastore evangelico luterano e un sacerdote di una Chiesa Riformata espulsi dalle rispettive Chiese e ridotti allo stato laicale, è violato in conseguenza della condanna e dell’interdizione da entrambi riportata per esercizio abusivo della professione di ministro del culto, avendo essi persistito, malgrado la destituzione, nello svolgimento del proprio ruolo nell’ambito di comunità religiose staccatesi da quelle di origine. La Corte ritiene che le condanne e le misure interdittive inflitte ai ricorrenti, sebbene munite di base legale e dirette a tutelare il legittimo interesse delle Chiese di provenienza, costituiscono una ingerenza arbitraria dello Stato sulla libertà religiosa dei medesimi nonché una lesione del pluralismo religioso con riguardo alle loro comunità di nuova appartenenza.
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