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La Corte esclude l’incompatibilità con il principio nulla poena sine lege (art. 7 CEDU) della condanna riportata dal ricorrente, già membro del KGB e dichiarato colpevole di genocidio in relazione ai crimini perpetrati in Lituania contro oppositori del regime sovietico negli anni ’50 del secolo scorso. In tal modo la Corte innova il proprio precedente orientamento (Grande Camera, Vasiliauskas c. Lituania del 20 ottobre 2015) che aveva considerato i partigiani lituani oppositori del regime comunista non compresi tra le categorie protette dalla Convenzione del 1948 per la prevenzione e la repressione del genocidio, e rilevato il carattere derogatorio dell’accusa di genocidio rispetto al principio di legalità.
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