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La Corte afferma che uno Stato membro non è tenuto in base al regolamento Dublino III, e in particolare all’art. 17, par. 1, dello stesso, a valutare le domande di asilo o di protezione internazionali per le quali sarebbe competente, secondo i criteri del suddetto regolamento, uno Stato membro che abbia notificato la propria volontà di recedere. Né un obbligo in tale senso può essere imposto in nome del superiore interesse del minore. Infatti, da un lato, la clausola prevista dall’art. 17, par. 1, lascia ogni Stato membro libero di decidere se occuparsi di una domanda per la quale sarebbe competente un altro Paese, e, dall’altro, la notifica da parte di uno Stato della sua volontà di recedere non ha l’effetto di sospendere l’applicazione del diritto della UE sul suo territorio, diritto che rimane vigente fino a quando il recesso non diviene effettivo.
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