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Nell’agosto del 2015 EP, dopo aver ucciso la madre, veniva ricoverato coattamente in una struttura psichiatrica poiché affetto da disturbi psichici. Tali misure mediche venivano prolungate fino al 1 marzo 2018 quando il pubblico ministero concludeva per la necessità di disporre misure mediche coercitive per EP, ordinanza che diveniva definitiva il 10 marzo 2018. Il giudice del rinvio, adito per decidere sul ricovero psichiatrico di EP, sollevava varie questioni pregiudiziali circa la compatibilità della normativa nazionale sul ricovero coatto di malati mentali in ambiente medico con i diritti garantiti dalle direttive 2012/13, 2013/48 e 2016/343, nonché dalla Carta dei diritti fondamentali della UE. EP, infatti, non era mai stato interrogato nel corso dell’istruttoria, non gli era stato notificato l’avvio del procedimento penale nei suoi confronti, non era stato sottoposto a indagini preliminari e non gli era stata garantita l’assistenza di un avvocato. La Corte afferma che: a) la direttiva 2012/13/UE del 22 maggio 2012 (diritto all’informazione nei procedimenti penali) e la direttiva 2013/48/UE del 22 ottobre 2013 (diritto ad avvalersi di un difensore nei procedimenti penali e nei procedimenti di esecuzione del mandato di arresto europeo) si applicano anche alle procedure giudiziarie concernenti malati psichici come nel caso di specie; b) dette direttive, così come l’art. 47 della Carta sui diritti fondamentali, ostano a una normativa nazionale che prevede una procedura giudiziaria che autorizza, per motivi terapeutici e di sicurezza, il ricovero psichiatrico coatto di persone che, in stato di demenza, hanno commesso atti che costituiscono un pericolo per la società, se tale normativa non consente al giudice competente di verificare che i diritti procedurali previsti da tali direttive siano stati rispettati nel corso di procedimenti precedenti a quello di cui detto giudice è investito e non sottoposti a un controllo giurisdizionale. Secondo la Corte, poi, la direttiva (UE) 2016/343 (sulla presunzione di innocenza) e l’art. 51 Carta dei diritti fondamentali non si applicano a una procedura giudiziaria di ricovero psichiatrico ma esigono che il pubblico ministero fornisca la prova che la persona di cui è richiesto il ricovero coatto è l’autore degli atti che si reputano costituire un pericolo per la società.
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