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FOCUS - Human Rights N. 23 - 27/07/2020

 Corte di Giustizia, Sentenza del 14/05/2020, La Corte si pronuncia sulla politica di asilo e immigrazione e circa gli obblighi degli Stati in materia di trattamento dei richiedenti asilo.

CGUE, C‑924/19 PPU e C‑925/19 PPU, sentenza della Grande Sezione, del 14 maggio 2020 su rinvio pregiudiziale relativo al caso FMS, FNZ, SA, SA junior c. Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság,.

 

 

In relazione ad un ricorso pregiudiziale concernente un caso di negazione di protezione internazionale da parte dell’Ungheria nei confronti di alcuni cittadini afgani, la Corte afferma, innanzitutto, che la direttiva 2008/115/CE, letta alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, osta a una regolamentazione nazionale in base alla quale la modificazione, da parte di un’autorità amministrativa, del Paese di destinazione verso cui indirizzare il cittadino di uno Stato terzo possa essere contestata solo di fronte all’autorità amministrativa senza garantire il controllo da parte dell’autorità giudiziaria. Ugualmente, è incompatibile con la normativa su richiamata una decisione nazionale che rigetti la richiesta di protezione internazionale di un cittadino di uno Stato terzo per il solo motivo che esso sia arrivato sul territorio dello Stato membro attraverso uno Stato in cui detto individuo non correva rischi di persecuzione o di affrontare pericoli gravi per la sua vita o integrità fisica. Così, la constatazione da parte della Corte di giustizia dell’incompatibilità di detta decisione con il diritto della UE deve essere considerato un fatto nuovo relativo alla possibilità di riesame della richiesta. La Corte specifica, poi, che l’obbligo imposto al cittadino di uno Stato terzo di restare permanentemente in un’area di transito il cui perimetro è ristretto e chiuso e all’interno del quale i movimenti del suddetto individuo siano controllati e limitati e che esso non può volontariamente lasciare, costituisce una privazione della libertà ai sensi della direttiva 2008/115 ed è incompatibile con quest’ultima. Infine, la normativa dell’Unione non è compatibile con una normativa nazionale che permetta detta “detenzione” per il solo fatto che il cittadino dello Stato terzo sia oggetto di una decisione di espulsione e non sia economicamente in grado di soddisfare i propri bisogni, senza che essa si fondi su una decisione motivata che consideri la proporzionalità della misura e senza che ci possa essere un controllo di detta decisione da parte dell’autorità giudiziaria. Così, il principio di primazia del diritto dell’Unione europea e il diritto alla protezione giudiziaria effettiva obbligano il giudice nazionale a dichiararsi competente a giudicare della legittimità della suddetta decisione e a liberare immediatamente l’individuo se ritiene che la decisione nazionale sia contraria al diritto della UE.    



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