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FOCUS - Human Rights N. 35 - 28/12/2020

 Corte di Giustizia, Sentenza del 24/09/2020, In tema di parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro

La Corte si pronuncia su rinvio pregiudiziale promosso dal Landesgericht Wiener Neustadt sugli aspetti applicativi della disciplina sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, chiarendo il quadro normativo comunitario sotto numerosi profili. Tra questi, la Corte precisa che la Direttiva 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, e la Direttiva 2006/54/CE, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, devono essere interpretate nel senso che rientrano nel loro ambito di applicazione disposizioni del diritto di uno Stato membro ai sensi delle quali, da un lato, una parte dell’importo della pensione aziendale, che il datore di lavoro si è impegnato, mediante contratto, a versare direttamente al suo ex lavoratore, deve essere prelevata alla fonte da detto datore di lavoro e, dall’altro, l’indicizzazione contrattualmente convenuta dell’importo di tale prestazione è resa inefficace. La Corte afferma inoltre che gli articoli 16, 17, 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale i beneficiari di una pensione che un’impresa controllata dallo Stato si è impegnata, mediante contratto, a versare loro direttamente e che supera determinate soglie fissate da tale normativa si vedono privati, da un lato, di un importo trattenuto sulla parte di tale pensione eccedente una di dette soglie e, dall’altro, del beneficio di un’indicizzazione contrattualmente convenuta di detta pensione. Inoltre, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro si astenga dal prevedere, nel proprio ordinamento giuridico, un mezzo di ricorso autonomo diretto, in via principale, a esaminare la conformità al diritto dell’Unione di disposizioni nazionali che attuano tale diritto, purché esista la possibilità di un siffatto esame in via incidentale.



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