
Un approfondimento intorno alla potestà regolamentare delle autorità amministrative indipendenti può offrire un utile punto di osservazione per cogliere il senso del percorso evolutivo che ha interessato il regolamento come fonte normativa e per verificare quali caratteristiche la potestà normativa secondaria assuma in modelli applicativi che appaiono, nella prassi, distanti dallo schema tradizionale dei regolamenti governativi. Com’è noto, infatti, il regolamento, “è passato dalla puntualizzazione della legge n. 400 del 1988, attraverso la stagione della delegificazione e dei testi unici misti, sino al fondamento delineato dal nuovo titolo V della Costituzione, il quale segna l’invasione del policentrismo nell’area dei poteri regolamentari”, attraverso un percorso di valorizzazione della fonte regolamentare ma, al contempo, lungo una traccia che scardina la granitica rigidità del sistema delle fonti e pone delicati problemi: di individuazione dei titolari del potere regolamentare, di distinzione tra produzione regolamentare e provvedimentale nell’ambito dell’attività delle amministrazioni pubbliche, di tracciatura dei confini di esercizio della potestà regolamentare. In questo quadro, l’area dei regolamenti della autorità amministrative indipendenti assume una dimensione paradigmatica nel porsi quale punto di convergenza delle traiettorie appena indicate. L’area critica intorno al potere regolamentare delle authorities investe, infatti e in primo luogo, il problema della legittimazione della potestà normativa delle stesse, nell’ambito di una prassi applicativa che svela sovente il ricorso alla fonte regolamentare in rapporto a segmenti di azione per i quali difetti un’espressa investitura normativa in punto di esercizio del relativo potere. Un peccato originale che, come vedremo, si cerca di superare attraverso percorsi di ricostruzione teorica di diverso segno e variegati approdi, i quali tutti però si trovano a confrontarsi con un doppio dato empirico: l’uso esteso della fonte regolamentare da parte delle autorità e, per l’effetto, la spendita di rilevanti poteri discrezionali che i regolatori sperimentano sul doppio binario dell’individuazione dell’oggetto degli atti normativi e della selezione delle concrete modalità di cura dell’interesse pubblico. Già questi input lasciano emergere i rilevanti tratti di distinzione tra il modello regolamentare in concreto sperimentato dalle Authorities e lo schema tradizionale lungo cui si sviluppa il potere regolamentare governativo, tanto da potersi considerare i primi come modello “del tutto alternativo a quello proprio degli atti normativi del governo (art. 17, l. n. 400/88), ai quali per il loro contenuto, per la loro portata normativa, si direbbe, gli atti in esame possono essere rapportati”... (segue)
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