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Le recenti pronunce della Corte costituzionale italiana sulle leggi elettorali statali, regionali, comunali e per il Parlamento europeo ripropongono il tema del rispetto del principio costituzionale di eguaglianza del voto (in entrata e in uscita) che, negli ordinamenti composti, si connota per ulteriori elementi di complessità. In tali ordinamenti, infatti, la necessità di rispondere agli interrogativi relativi al “peso” delle scelte elettorali si declina sui diversi livelli di governo, imponendo l’esigenza di definire se e fino a che punto l’eguaglianza del voto rilevi ai fini dell’espressione degli organi rappresentativi degli Stati membri e con quali eventuali differenze rispetto a quelli dello Stato centrale. In Italia, i primi casi in cui la Corte costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi su questioni inerenti il rispetto dell’art. 48 da parte delle leggi elettorali concernevano il sistema locale, in riferimento al quale la Consulta ha fornito un’interpretazione di tale principio destinata ad essere richiamata ed utilizzata spesso anche per gli altri livelli di governo. In alcune delle ben note pronunce adottate fra gli anni 60 e gli anni 90, il Giudice delle leggi ha infatti interpretato il voto “uguale” di cui all’art. 48, comma 2, come un voto alla cui espressione “i cittadini addivengono in condizioni di perfetta parità”, “dando concreto contenuto alla sovranità popolare”, che implica il divieto di voto multiplo e di voto plurimo, ma il cui vincolo "non si estende al risultato concreto della manifestazione di volontà dell'elettore” (sent. 43/1961, 39/1973), che non deve necessariamente risultare “proporzionale al numero dei consensi espressi” (sent. 107/1996). Molto più di recente, la Corte costituzionale è intervenuta su una legge elettorale, questa volta relativa al Parlamento, con una pronuncia di segno opposto, la sentenza 1/2014, cui è concordemente riconosciuto il ruolo di spartiacque fra le decisioni precedenti, che tendevano a non ingerirsi nella sfera di discrezionalità riconosciuta al legislatore ordinario, e la giurisprudenza successiva, apparentemente più propensa ad addentrarsi nei meandri del rapporto fra rappresentanza e governabilità e quindi nel merito delle scelte elettorali, ma con differenze significative a seconda del livello di governo coinvolto… (segue)
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