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Il rapporto Barca del 2009, “An Agenda for a Reformed Cohesion Policy”, è uno dei maggiori sostenitori delle strategie basate sul place based approach nell’ambito delle quali si riconoscono due aspetti fondamentali: in primo luogo, il contesto geografico è considerato un elemento determinante, tutt’altro che neutrale ma composto da una serie di caratteristiche sociali, culturali e istituzionali rilevanti ai fini dell’agenda politica; in secondo luogo, si richiama l’attenzione sulla politica di sviluppo il cui scopo dovrebbe essere quello di promuovere iniziative e progetti con l’interazione dei gruppi locali e delle élites esterne. La dimensione locale, quale luogo di intervento strategico per la tutela dei diritti fondamentali, rappresenta dunque un aspetto centrale della più ampia politica sulla coesione e ne è una conferma il Libro verde sulla coesione territoriale che, insieme al Quinto rapporto (CEC, 2010b), hanno consolidato il dibattito su un più funzionale “place based approach”. In questa prospettiva, un approccio “place based” trova il suo principale obiettivo nella “spazializzazione degli investimenti” in cui i fondi europei stanziati nell’ambito delle politiche urbane e regionali dovranno soddisfare obiettivi di efficienza (con il pieno utilizzo del potenziale economico di un luogo) e obiettivi di equità (con il raggiungimento di standard di vita accettabili e la riduzione delle disparità). Si tratta di un approccio contrapposto a quello settoriale in quanto mira a promuovere le sinergie tra le politiche pubbliche stimolando le potenzialità di sviluppo endogene, delineando il ruolo delle risorse territorialmente vincolate, favorendo dinamiche di integrazione a livello locale e regionale. Negli ultimi anni, la città ha rappresentato il motore propulsore delle politiche urbane e regionali europee a seguito delle quali sono stati incentivati dibattiti, avviate ricerche e pianificati programmi che le hanno restituito la funzione di centro di integrazione economica, politica e sociale nella prospettiva di uno sviluppo inclusivo e sostenibile. La politica urbana europea è però assente nei Trattati e trova, invece, spazio a livello di cooperazione intergovernativa dove, fonti di soft law definiscono obiettivi comuni e aprono il varco a futuri interventi ed integrazioni strategiche. I programmi Urban ed Urbact sono stati sviluppati, ad esempio, all’interno delle politiche di coesione, con l’elaborazione successiva del tema dello sviluppo urbano sostenibile nei piani operativi nazionali e regionali, con cui l’Europa si impegnava ad elaborare il concetto di “acquis urbano” per indicare un modello condiviso di sviluppo urbano sostenibile. Di fatto, però, non potendo determinarsi alcun tipo di vincolo nei confronti degli Stati membri, questi hanno gestito la materia urbana in funzione delle proprie esigenze interne elaborando, in alcuni casi, politiche urbane più definite (è l’esempio del Regno Unito, della Francia, dei Paesi Bassi) mentre, in altri, sono state richiamate le iniziative europee a cui ha fatto seguito l’adattamento a livello locale (così in Danimarca): questa varietà ha di fatto reso finora impossibile la costruzione di una base reale su cui progettare non solo una politica europea comune, ma anche un lessico (innanzitutto geografico) comune, sul quale gli attori istituzionali europei potessero confrontarsi… (segue)
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