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FOCUS - Il federalismo in tempi di transizione N. 2 - 22/06/2018

 Il federalismo bosniaco: un’incompleta transizione da 'protettorato internazionale' a 'democrazia europea'

1. L’assetto istituzionale delineato nel 1995 a Dayton per la Bosnia ed Erzegovina (di seguito, BiH) ha comportato – come noto – la creazione di uno Stato federale sui generis, caratterizzato da competenze centrali particolarmente limitate e composto da Entità territoriali corrispondenti in larga misura alla situazione in essere all’atto del cessate il fuoco, dotate di ampie autonomie. Si tratta, in concreto, di un federalismo fortemente asimmetrico per organizzazione del territorio, in quanto l’Entità a maggioranza serbo-bosniaca – la Republika Srpska (di seguito, RS) – assume i tratti di Stato federato unitario, mentre l’entità a maggioranza bosgnacca e croata – la Federazione di Bosnia ed Erzegovina (di seguito, FBiH) – presenta un’ulteriore suddivisione in dieci Cantoni, anch’essi dotati di una propria carta costituzionale e di competenze particolarmente estese, al fine di creare livelli di amministrazione e governo del territorio sostanzialmente omogenei per composizione etnica. Tale assetto, supportato dal principio dell’uguaglianza dei tre principali gruppi etnici nelle istituzioni, ha indubbiamente contribuito in modo apprezzabile alla pacificazione e alla ricostruzione del paese, pur tuttavia evidenziando diverse lacune relativamente al rispetto dei diritti fondamentali degli individui, alla democraticità degli organi elettivi, alla salvaguardia della rule of law, nonché all’efficacia dell’azione amministrativa. In particolare, le prime due criticità appena menzionate sono state accertate dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (di seguito, Corte EDU) mediante una serie di sentenze di condanna pronunciate nei confronti della BiH nell’ultimo decennio. In proposito, è doveroso riportare la censura del 2009 relativamente all’esclusione di qualsivoglia cittadino non appartenente ad alcun popolo costituente dall’elettorato passivo per la Camera dei Popoli e per la Presidenza dello Stato balcanico. Analogamente, nel 2014 la Corte EDU ha censurato le medesime restrizioni sofferte da chi volutamente rifiuti di registrarsi quale componente di un popolo costituente. In ultimo, i giudici di Strasburgo hanno sancito l’incompatibilità convenzionale delle disposizioni interne atte a riservare al corpo elettorale della FBiH la sola elezione del componente bosgnacco e di quello croato in seno alla Presidenza e, specularmente, agli elettori della RS la sola elezione del componente serbo, vietando la candidatura degli individui appartenenti a un popolo costituente posto in condizione minoritaria nell’Entità di residenza. Nondimeno, il persistente inadempimento del paese balcanico al dettato della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (di seguito, CEDU) e alle sentenze della Corte EDU appena richiamate costituisce ipso facto un gravoso ostacolo sul cammino di integrazione europea, posto che le violazioni riscontrate dai giudici di Strasburgo rientrano appieno nell’ambito dei c.d. criteri politici di Copenhagen, il cui rispetto costituisce ormai da lungo tempo condizione formale per l’apertura dei negoziati di adesione all’Unione europea… (segue)



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