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Trattare oggi il tema della Costituzione economica significa confrontarsi, ancora una volta, con le numerose criticità che restano sottese al concetto – estremamente duttile e finanche poliforme – mai realmente risolte in modo conclusivo e soddisfacente dalla dottrina, giuspublicistica e non. Tali problematiche partono infatti sin dalla difficoltà di definire con accuratezza la locuzione “Costituzione economica”, e ciò nonostante essa sia stata approfonditamente studiata da diverse angolazioni e in diversi settori del sapere. E così, in una prospettiva sociologica, per Costituzione economica si intende di norma la struttura dell’assetto economico generale derivante dal rapporto intercorrente tra forze ed attività produttive in un dato ordinamento (che sia statale o sovranazionale) e in un dato contesto sociale. In una prospettiva storica, invece, la Costituzione economica viene studiata quale succedersi degli eventi che portano al costituirsi dell’equilibrio tra le forze economiche prevalenti, e dunque si riferisce al modello economico e alle fasi del suo sviluppo nell’ambito del modello sociale di una data epoca. Nella prospettiva delle scienze economiche, infine, la Costituzione economica viene studiata – in ottica anche quantitativa – in quanto equilibrio nato all’interno del sistema sociale, secondo le regole della teoria generale del mercato. Come avviene sovente per molti concetti contraddistinti da una loro intrinseca interdisciplinarietà e oggetto di studio da parte di altre scienze sociali, il diritto si è dunque approcciato con relativo ritardo al tema della Costituzione economica. Ai fini di analizzare la questione da un punto di vista giuridico, e più specificatamente giuspubblicistico, deve essere innanzitutto operata una distinzione tra lo studio della Costituzione economica nell’ambito della teoria generale, che tende a ricostruirne il contenuto in termini teoretici, e il suo studio nell’ambito della dommatica, e dunque con riferimento alle caratteristiche che il concetto assume in uno specifico ordinamento. In ambito giuridico il concetto di Costituzione economica è stato sviluppato, in origine, principalmente dalla giuspubblicistica tedesca del XX secolo, dimostratasi particolarmente sensibile all’argomento sia sotto il profilo teoretico che sotto quello dommatico, portando peraltro a risultati anche molto diversi tra loro. Alcuni autori, come ad esempio Walter Eucken – che definiva la Costituzione economica come la decisione globale relativa all’ordine della vita economica di una collettività – sostenevano, pur con posizioni differenziate, la validità del concetto dal punto di vista giuridico e la sua utilizzabilità nell’ambito del costituzionalismo. Tra gli autori che hanno sostenuto l’utilità del concetto spicca altresì Franz Böhm, che aveva elaborato la celebre definizione di Costituzione economica come decisione globale per generi e forme dei processi di cooperazione economico-sociale. Altri autori, tra cui spicca Carl Schmitt, negavano invece finanche l’esistenza di una Costituzione economica negli Stati moderni, preferendo utilizzare concetti alternativi come ad esempio quello di forme di “Stato economico”. Schmitt riteneva più precisamente che il concetto di Costituzione economica fosse “inesatto e ingannevole”, dal momento che Stato, politica, società ed economia, nel costituzionalismo moderno, sono divenuti elementi inscindibili e non suscettibili di essere considerati come distinti ambiti oggettivi. Solo nello Stato autoritario o totalitario a partito unico, come quello sovietico o l’Italia fascista, si potrebbe parlare di una Costituzione economica all’ombra di un’organizzazione di partito fortemente centralizzata, che non rende autonoma l’economia ma la consegna allo Stato e la sottomette ad esso… (segue)
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