Rispetto all'orizzonte storico e istituzionale della democrazia rappresentativa e della democrazia diretta la democrazia deliberativa (da ora anche DD) sembra offrire il rimedio a molti dei difetti collegati a queste due forme di espressione della volontà popolare ed emersi nel corso del tempo. Che ogni decisione pubblica debba essere presa previa adeguata deliberazione -vale a dire, dopo aver attivato processi di partecipazione pubblica in cui sono presenti tutti quelli che vi hanno interesse attraverso scambio di argomenti e ragioni- appare una pretesa degna della massima attenzione da parte di tutti coloro che credono nella democrazia intesa come arricchimento dell'individuo e ricerca delle soluzioni più ampiamente condivise per le questioni pubbliche. Nell'ambito di questa riflessione teorica, lo stesso ruolo della costituzione viene sottoposto a torsione poiché ad essa toccherà soprattutto prevedere procedimenti sui cui contenuti si possa liberamente decidere, anche in forma deliberativa. E tuttavia, ad uno sguardo più approfondito, il modello della DD solleva non poche perplessità in chi è abituato a osservare il funzionamento delle democrazie costituzionali. La prima è di ordine concettuale (un giurista direbbe dogmatico) in quanto chi si avventura nello studio delle teorie deliberative, oltre a constatare l'oramai enorme produzione in materia e la sua interdisciplinarietà, non può non constatare anche una sorta di indefinizione dell'ambito di applicazione delle teorie deliberative. Come proverò a mostrare, vi è una sorta, se non di ambiguità di fondo, di forte differenziazione tra i deliberativisti a proposito dei propri oggetti di analisi (1). L'altra rilevante perplessità riguarda l'apparente contrasto di tali teorie con il principio di realtà. Come si proverà a dire, le pretese della DD si scontrano con una evidente difficoltà di implementazione; più tali teorie pretendono di aver portata generale, e quindi di applicarsi anche alle istituzioni della democrazia rappresentativa, più scontano l'ovvia obiezione per cui la realtà delle democrazie costituzionali è ben lontana dagli standard e dalle richieste della DD (2). Allo stesso tempo, la teoria della DD trova graduali e progressive applicazioni concrete, soprattutto se si guarda alle molteplici forme della democrazia partecipativa come a modalità implementative della DD (3). Nonostante queste aporie -e questa è la tesi del presente contributo-, la DD offre una critica della democrazia rappresentativa e della democrazia diretta che non può essere messa da parte, accantonata. Come proverò a dire, essa offre uno stimolo importante per una valutazione delle istituzioni della democrazia rappresentativa e della democrazia diretta e, più in generale, per un ripensamento della teoria della separazione dei poteri (4)... (segue)
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