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FOCUS - Dimensioni ed effettività del potere regolamentare N. 2 - 27/11/2017

 Normazione sociale e ruolo del regolamento comunale per un sistema di produzione del diritto dal basso

Il sistema tradizionale delle fonti del diritto, derivante essenzialmente dall’autorità statale, ha ormai da tempo perduto la sua impostazione originaria per l’emergere di nuovi centri di produzione normativa. Il pluralismo normativo ha inciso profondamente sull’organizzazione delle fonti rendendola molto più complessa e anche più esposta a problemi di conflittualità tra norme provenienti da soggetti plurimi, prevalentemente esterni all’ordinamento giuridico nazionale. I processi di internazionalizzazione e di globalizzazione hanno, infatti, alimentato la proliferazione di altri sistemi normativi, alternativi o complementari a quelli statali, spesso derivanti da soggettività carenti sul piano della rappresentanza, suscettibili in ogni caso di condizionare il comportamento di soggetti pubblici e privati. Senza voler indagare oltre la complessa configurazione delle fonti nella prospettiva sovranazionale e la conseguente contrazione della sovranità statale, si ritiene però importante evidenziare come in questi sistemi normativi si realizzi con sempre maggiore frequenza una distanza tra le regole prodotte e la società. Si pensi, ad esempio, alla dimensione euro unitaria, a quella «unità nella diversità» tanto auspicata, che fatica a realizzarsi anche per il deficit democratico degli organi normativi e alla necessità, di conseguenza, di creare condizioni per l’elaborazione di politiche europee che siano espressione di interessi condivisi. In questo senso, la distanza tra i cittadini e le autorità sovranazionali pone una questione sulla effettiva capacità di queste ultime di trasferire e sintetizzare nei loro meccanismi di produzione normativa la complessità della società nelle sue diversificazioni culturali, sociali ed economiche. Inoltre, in un sistema di fonti eterogenee per provenienza, in cui la volontà del legislatore non riveste più un ruolo esclusivo nella produzione del diritto, anche l’ordine gerarchico e il relativo modello piramidale è travolto, non rispondendo più l’articolazione per gradi alla proliferazione e frammentazione delle fonti, risultando, a riguardo, molto più calzante la metafora della rete. Il tema delle fonti investe però oltre (e, in un certo senso, prima ancora) che il concetto di sovranità statale quello di sovranità popolare e induce a chiedersi se quest’ultima possa espandersi oltre le previsioni costituzionali di esercizio della democrazia diretta o se la rappresentanza istituzionale costituisca una barriera insuperabile che esclude il popolo da altre forme di partecipazione diretta, tra cui quelle alla produzione normativa, o se ne consenta invece altre modalità di espressione. Sulla questione la stessa Corte costituzionale, qualche tempo fa, (sentenza n. 106 del 2002) ha efficacemente rilevato che «l’articolo 1 della Costituzione, nello stabilire, con formulazione netta e definitiva, che la sovranità "appartiene" al popolo, impedisce di ritenere che vi siano luoghi o sedi dell’organizzazione costituzionale nella quale essa si possa insediare esaurendovisi. Le forme ed i modi nei quali la sovranità del popolo può svolgersi, infatti, non si risolvono nella rappresentanza, ma permeano l’intera intelaiatura costituzionale». In altre parole, la sovranità si concretizza in tutte le manifestazioni di volontà collettiva, e non solo indirettamente attraverso i pubblici poteri. Nella medesima prospettiva si pone la sentenza n. 192 del 2012 sul rispetto da parte del legislatore dell’esito della consultazione popolare ex art. 75 Cost., in cui la Corte ribadisce la necessità di una interpretazione unitaria della trama costituzionale «in una prospettiva di integrazione degli strumenti di democrazia diretta nel sistema di democrazia rappresentativa delineato dal dettato costituzionale». In un assetto sempre più plurale del sistema delle fonti è forse, allora, necessario interrogarsi sul ruolo che le pratiche sociali possono rivestire nel processo di produzione del diritto in una prospettiva di recupero dell’elemento democratico. In questo senso, pertanto, «la partecipazione al procedimento deliberativo esprime l’esigenza di non disgiungere la formazione del diritto dagli interessi coinvolti: si può parlare in definitiva di una espansione della democrazia». Se la distanza tra il diritto e la società è in aumento, non si può correre il rischio che la funzione stessa del diritto, che è quella di tradurre le esigenze sociali in regole condivise, si dissolva. Non a caso negli ultimi anni sono stati condotti interessanti studi sull’impatto della regolamentazione, per verificare attraverso una serie di parametri la corrispondenza tra sistema giuridico e sistema sociale, ovvero per accertare quanto il primo sia il riflesso del secondo e quindi sia in grado di rispecchiare un effettivo collegamento tra diritto e interessi sociali. E l’importanza di tale collegamento è emersa anche a livello legislativo regionale, dove si riscontra la tendenza di alcune regioni di ricorrere a forme di consultazione popolare prima della formazione di atti normativi proprio per garantire una consonanza tra cittadini (e loro interessi) e produzione normativa... (segue) 



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