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La legge 240/2010 ribadisce all'art. 1 comma 2 il principio di autonomia universitaria in piena conformità con quanto stabilito dall'art. 33 comma 6 della Costituzione che recita: "Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato". Conseguentemente, la legge 240 prevede che "Sulla base di accordi di programma con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di seguito denominato «Ministero», le università che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio, nonché risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca, possono sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese modalità di composizione e costituzione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica, diverse da quelle indicate nell' articolo 2. Il Ministero, con decreto di natura non regolamentare, definisce i criteri per l'ammissione alla sperimentazione e le modalità di verifica periodica dei risultati conseguiti". A differenza di quanto stabilito, per esempio, nell'art. 29 della Costituzione per cui "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale", in cui cioè vi è la semplice presa d'atto di diritti preesistenti, qui si ha l’attribuzione di un diritto che consiste nella facoltà di darsi ordinamenti autonomi, peraltro riservando alla legge la definizione di limiti alla suddetta autonomia. L'autonomia riguarda dunque propri ordinamenti interni. Trattandosi di autonomia si presuppone pertanto un potere normativo differenziato, che implica cioè la possibilità di regole diverse per ogni singolo ateneo. L'art. 1.2 della legge 240, rispetta pienamente il dettato costituzionale posto che attribuisce una autonomia che riguarda gli ordinamenti interni delle singole università, circoscrivendo tale facoltà al rispetto di precisi limiti. Un primo limite è certamente la previsione del previo accordo di programma con il Ministero che può graduare l'autonomia in relazione alle necessità e potenzialità del singolo ateneo. Un preciso limite è inoltre costituito dalla "stabilità e sostenibilità di bilancio", "nonché risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca". Un ulteriore limite, di carattere operativo, consiste nel riferimento a "propri modelli funzionali ed organizzativi". La ulteriore autonomia concessa trova dunque il limite nei modelli funzionali ed organizzativi, vale a dire nel funzionamento della istituzione universitaria e nella sua organizzazione interna. La dizione è sufficientemente ampia e generica, ben potendo comprendere anche i rapporti dell'ateneo con coloro che sono l'anima del funzionamento di quell'ateneo, vale a dire il personale che consente all'ateneo di svolgere le proprie funzioni, vale a dire l'attività didattica e di ricerca. Si vedrà più avanti come nel concetto di autonomia funzionale per i Costituenti rientrava anche la definizione dello stato giuridico dei docenti… (segue)
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