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FOCUS - Costituzione economica, integrazione sovranazionale, effetti della globalizzazione N. 5 - 25/10/2019

 L'art. 44, u.c., Cost.: quale valorizzazione delle zone montane?

Il secondo comma dell’art. 44 Cost. prevede che la legge disponga provvedimenti a favore delle “zone montane”. Si tratta di una previsione costituzionale che, nell’ambito degli studi sulla cd. Costituzione economica, è stata piuttosto trascurata dalla dottrina: i contributi sull’argomento, infatti, sono piuttosto limitati e, per lo più, risalenti nel tempo. In passato, alcuni autori hanno interpretato il riferimento alle “zone montane” come indicativo della volontà del Costituente di indirizzare l’attività del legislatore ordinario verso l’adozione di provvedimenti maggiormente specifici, in riferimento alle condizioni e alle caratteristiche delle diverse zone territoriali. Altri autori, invece, hanno ritenuto che il riferimento alle “zone montane” fosse stato utilizzato dal Costituente, in modo generico, per definire qualsiasi tipo di delimitazione territoriale della montagna, secondo quanto emergerebbe anche dai lavori preparatori dall’Assemblea Costituente. Sembra, invece, pacifico che l’ultimo comma dell’art. 44 Cost. debba essere letto in connessione con le norme dello stesso articolo che disciplinano i rapporti economici nel settore dell’agricoltura. Secondo questa lettura, la previsione di una legislazione a favore delle “zone montane” avrebbe, tra le tante finalità, “anche” — ma non “principalmente” come ritenuto da alcuni autori — quella di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali. In realtà, la scelta del Costituente di introdurre in Costituzione una norma dedicata alle “zone montane” è dipesa principalmente dalla constatazione che, nell’immediato dopoguerra, le popolazioni ivi residenti, vivevano in condizioni di povertà e di disagio e che ciò avrebbe richiesto interventi di sostegno finalizzati a tutelare, sviluppare e valorizzare tali zone, proprio per far fronte alle loro condizioni di svantaggio. È innegabile, al riguardo, che le ragioni che hanno spinto il Costituente a prendere in considerare le “zone montane” sono ancora attuali: l’interesse alla loro tutela e valorizzazione è giustificata, oltre che dalle caratteristiche proprie delle stesse (dimensioni ridotte delle comunità locali, dispersione territoriale, isolamento, condizioni climatiche e rischio idrogeologico e ambientale), dall’esigenza di evitare lo spopolamento e salvaguardare il territorio e le risorse idriche, anche ai fini di contenere i fenomeni di erosione dei territori, limitando così anche i rischi di frane e alluvioni. Per queste ragioni, in attuazione del dettato costituzionale, il legislatore è chiamato ad adottare provvedimenti specifici per la montagna e più in particolare: a prevedere politiche organiche per la tutela, lo sviluppo e la valorizzazione delle zone montane; a istituire organi/enti per la governance dei relativi territori; a destinare adeguate risorse per la realizzazione di tali obiettivi. Ciò in un’ottica molto più ampia del conseguimento delle sole finalità legate al razionale sfruttamento del suolo e all’instaurazione di equi rapporti sociali (finalità di cui, comunque, il legislatore deve tenere conto). L’obiettivo principale di questo lavoro è di verificare se il legislatore, statale e regionale, abbia dato attuazione al dettato costituzionale, attraverso l’adozione di una politica in grado di tutelare e sviluppare le specificità, ma anche le potenzialità dei territori montani. In concreto, senza anticipare considerazioni che saranno esposte con maggior ampiezza più avanti, non vi è stata nel nostro Paese una vera e propria politica in tal senso. Il legislatore ha vieppiù trascurato il tema della montagna che, invece, avrebbe dovuto essere tenuto in grande considerazione. Ė interesse di tutti, non soltanto di chi vi risiede, che vengano sviluppare le potenzialità, anche economiche, della montagna, e che sia limitato lo spopolamento e salvaguardato il relativo territorio. Peraltro, i territori montani non sono marginali, come sono spesso considerati, ma occupano nel nostro Paese più del 50% del territorio nazionale e interessano più del 40% dei Comuni italiani… (segue)



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