Il diritto all’abitazione si inserisce nella dimensione di una “tutela multilivello dei diritti”, caratterizzata da un sistema integrato di protezione degli stessi che coinvolge, oltre il livello internazionale (rappresentato dalla CEDU), il livello europeo (rappresentato dalla Carta europea dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia), nazionale e regionale. A livello statale, sebbene la nostra Costituzione non riconosca espressamente il diritto all’abitazione, quest’ultimo lo si può dedurre da diverse disposizioni costituzionali. Tant’è che la Corte costituzionale è arrivata a riconoscere il diritto all'abitazione come “diritto sociale” senza però spingersi a garantirne un “contenuto minimo”. In questo modo, si è lasciata al legislatore un’ampia discrezionalità di intervento, il quale ha individuato — come si vedrà diffusamente di seguito — una serie di politiche abitative che si sono vieppiù rilevate, salve rare eccezioni, piuttosto fallimentari. In ambito europeo, invece, si riscontra un atteggiamento a favore di una lettura “forte” del diritto alla casa, inteso come posizione soggettiva avente un “contenuto essenziale”, che si sostanzia nel diritto di un soggetto a disporre di un’abitazione dignitosa e idonea a soddisfare i propri bisogni individuali e famigliari. Ciò, nell’ottica di riconoscere ad ognuno il diritto a un livello di vita dignitoso e a migliorare le proprie condizioni sociali, attraverso la garanzia di disporre di un’abitazione adeguata. Sarebbe auspicabile, pertanto, che il diritto all’abitazione fosse interpretato a livello nazionale, alla luce del diritto europeo, dotandolo di un “nucleo essenziale” di contenuti. Al riguardo, infatti, non si può trascurare come la Corte costituzionale abbia ricostruito un sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali; essa ha sottolineato che il Trattato di Lisbona si inserisce in una prospettiva di rafforzamento dei meccanismi di protezione dei diritti fondamentali, riconoscendo, a tal fine, la concorrenza di tre fonti nello spazio giuridico europeo: la Carta di Nizza, la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, in conseguenza all’adesione ad essa dell’Unione, e i principi generali, comprendenti i diritti sanciti e risultanti dalle comuni tradizioni costituzionali. È stato, pertanto, delineato un complesso sistema di protezione dei diritti fondamentali in cui ciascuna componente ha una propria funzione, inserendosi nell’ottica di tutela multilivello degli stessi che implica, come conseguenza, oltre ad una forte interconnessione tra i diversi livelli normativi, un costante dialogo con le due Corti europee: quella di Strasburgo, preposta all’interpretazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e quella di Lussemburgo, posta a tutela della Carta di Nizza. Una lettura “forte” del diritto alla casa, a fronte, peraltro, della scarsità delle risorse pubbliche, comporta, ovviamente, un radicale cambiamento delle tradizionali politiche abitative. Sebbene a partire dagli ’90 —come si avrà modo di sottolineare ― il legislatore, statale e regionale, ha definito nuovi modelli di politiche abitative, ciò che è stato fatto finora non è sufficiente a soddisfare il bisogno abitativo e non è certo in linea con una lettura “forte” e maggiormente garantista del diritto all’abitazione che emerge dal contesto europeo. Pertanto, quello che preme particolarmente mettere in luce in questo lavoro è che, per rendere effettivo il diritto all’abitazione, in un’ottica europea, devono essere intraprese e rafforzate nuove politiche pubbliche, sperimentate con successo in altri Stati membri dell’Unione (come il social housing, sul quale ci si soffermerà diffusamente nelle pagine che seguono). In questo quadro, come si cercherà di dimostrare di seguito, l’implementazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, che la Commissione europea ha presentato il 26 aprile 2017, potrebbe costituire un’importante occasione per rendere maggiormente effettiva la tutela del diritto all’abitazione… (segue)
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